ORIZZONTI PER IL MASCI
Reggio Calabria, 25 novembre 2017
Massimiliano Costa
Ringrazio di cuore tutti voi per la presenza, Bruna e la sua Comunità per l’idea avuta di riflettere su questo tema e per avermi invitato, Antonio, Mimmo e tutti per avermi accolto così calorosamente…..
Veniamo alla riflessione di oggi. Mi è stato chiesto di collegare insieme il tema dell’ultimo convegno “attenti e sensibili al cambiamento” all’Indirizzo Programmatico del Movimento votato ad Assisi.
Proverò a proporre alcune riflessioni conscio che sullo sfondo ci sono tre domande, non esplicite e alle quali non darò risposta, ma sono presenti e influenzano il nostro dire oggi: Dove và il Masci? – A cosa serve il Masci? – Per chi è il Masci? Il tentativo di rispondere a queste domande ha prodotto l’indirizzo programma- tico e la definizione delle successive azioni ed attività, a tutti i livelli.
Nella mia riflessione ruoterò continuamente attorno alla IDEA FORTE che è sottesa all’indirizzo program- matico: c’è b isog no di riscoprire la nostra umanità come creature in relazione attente al cambiamento e testimoni di speranza.
Quasi come in premessa vorrei sottolineare una attenzione: la riflessione che andiamo a svolgere avrà sempre una duplice dimensione, quella personale e quella comunitaria.
- La dimensione personale incide sul nostro essere e quindi anche sul nostro agire, sottende tutto ciò che abitualmente chiamiamo educazione o forma Anche se spesso distinguiamo questi due momenti, a me piace vederli come due facce della stessa medaglia: quella della persona che da un la- to accresce il suo essere e dall’altro accresce la sua competenza, e tutto ciò porta ognuno ad agire con maggiore responsabilità ed incisività.
- La dimensione comunitaria incide sulle nostre relazioni personali e sul nostro essere comunità nel movimento, facendo di queste il vero elemento costi La dimensione comunitaria rafforza la
scelta del servizio rendendolo presenza viva, dandogli sostanzialmente senso e prospettiva: non può
esistere un servizio asettico, staccato dalla relazione e dal senso di comunità.
L’indirizzo programmatico costituisce l’orientamento per la crescita e le azioni di tutto il Movimento nel tri- ennio che stiamo vivendo, indica le priorità essenziali sulle quali siamo chiamati a camminare, uomini e donne, per affrontare le sfide della società di oggi.
Infine ci aiuta a coniugare l’Identità e la Progettualità del MASCI
- L’identità ha quale riferimento fondamentale il Patto Comunitario, che dobbiamo sempre tenere come base delle nostre scelte, del nostro impegno e del nostro
- La progettualità si concretizza negli obiettivi di programma definiti dal Consiglio Nazionale e de- clinati nelle molteplici attività autonomamente scelte dai diversi livelli (comunità, regioni, nazionale)
Per esplicitare meglio il cammino che il MASCI deve compiere per rispondere alla sua propria vocazione nel tempo che ci è dato di vivere e per cercare di orientare efficacemente le priorità e le azioni auspicando che queste trovino senso compiuto e coordinato nelle scelte generali (non crescano a spot), si sono definite tre cornici, quali perimetri dentro cui ogni livello e ognuno può scrivere la propria storia. In estrema sintesi:
La cornice antropologica. Rispondere alle sfide e alle criticità che emergono oggi, in una realtà che è pro- fondamente mutata, negli ultimi decenni, e verificare quale antropologia di uomo è creduta e vissuta nel mo- vimento, quale testimonianza si riesce a dare di uomini e donne solidi e adulti, con un progetto cristianamen- te orientato.
La cornice relazionale. La grande povertà relazionale dell’uomo e della donna di oggi si riflette su molti a- spetti e scelte della vita e della società ove è sempre più difficile costruire relazioni stabili all’insegna della gratuità e della gioia. Vivere l’adultità nella capacità di costruire profonde relazioni personali e nella scelta della centralità della Comunità, perché non c’è educazione senza relazione.
La cornice metodologica. Di fronte alla crisi dell’umanesimo molti adulti sembrano aver rinunciato a pro- porre il senso e le regole per vivere con responsabilità e libertà. L’educazione degli adulti è cardine fondante del Movimento, i valori e gli elementi essenziali del metodo scout devono essere un consolidato di vita, la prospettiva cambia: dalla dimensione pedagogico-esperienziale alla dimensione testimoniale.
Riscoprire la nostra umanità
Questo primo passo ci riporta al cammino della Chiesa Italiana, al tema del 5° convegno ecclesiale di Firenze sul “nuovo umanesimo”.
“L’uomo, l’umanità tutta, vive in questo momento una svolta storica che possiamo vedere nei progressi che si producono in diversi campi. Si devono lodare i successi che contribuiscono al benessere delle persone, per esempio nell’ambito della salute, dell’educazione e della comunicazione. Non possiamo tuttavia dimen- ticare che la maggior parte degli uomini e delle donne del nostro tempo vivono una quotidiana precarietà, con conseguenze funeste. Aumentano alcune patologie. Il timore e la disperazione si impadroniscono del cuore di numerose persone, persino nei cosiddetti paesi ricchi. La gioia di vivere frequentemente si spegne, crescono la mancanza di rispetto e la violenza, l’iniquità diventa sempre più evidente”. (Card. Angelo Scola, Un nuovo umanesimo)
Ribadiamo la centralità dell’uomo che non vuol dire che tutto ha origine dall’uomo e tutto torna a lui, ma di- ce il primato e la dignità della persona umana che nella relazione con Dio, con gli altri uomini, col Creato scopre che solo nel dono di sé si trova pienamente uomo. Noi non siamo cavie da laboratorio scientifico o economico, ma persone in relazione con altre persone.
Bisogna lottare per vivere e, spesso, per vivere con poca dignità. (Francesco, Evangelii Gaudium 52)
La crisi finanziaria che attraversiamo ci fa dimenticare che alla sua origine vi è una profonda crisi antropo- logica: la negazione del primato dell’essere umano. (Francesco, Evangelii Gaudium 55)
Il Cammino per un nuovo umanesimo è stato spesso riassunto in Cinque verbi che ci indicano la strada da intraprendere: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare. Non si accostano l’uno all’altro, ma si in- trecciano tra loro e percorrono trasversalmente il tempo e i luoghi che abitiamo.
Uscire: ovvero evitare l’inerzia della semplice ripetizione di ciò cui siamo abituati, ascoltare lo smarrimento nostro e altrui di fronte alla crisi globale
Annunciare: significa testimoniare con modi nuovi la bellezza del vangelo che io per primo ho incontrato, ma non con un linguaggio stereotipato e vecchio
Abitare: vivere gomito a gomito, nelle nostre città, con le persone in un’attenzione profonda rivolta al fratel- lo, senza moltiplicare programmi di promozione o assistenza, ma ripensando i nostri modelli di vita
Educare: costruire sulla relazione, interpellare e valorizzare la coscienza di ciascuno, valorizzare la costru- zione dell’interiorità nell’identità della persona.
Trasfigurare: non si deve essere ossessionati da questioni limitate e particolari. Bisogna sempre allargare lo sguardo per riconoscere un bene più grande che porterà certamente benefici a tutti.
Creature in relazione
Abbiamo visto come il tema del nuovo umanesimo per noi scout bene si sposa con la nostra prassi educativa. Possiamo anche dire di più: la scelta fondamentale dello scautismo cattolico italiano è stata fatta nel dopo-
guerra, dopo il Jamboree di Moisson, quando chi ci ha preceduto ha preso a riferimento la Route de Libertè
dello scautismo franco-belga, centrata sul personalismo comunitario, anziché il modello anglo americano centrato maggiormente sull’aspetto ricreativo. Il metodo scout diventa elemento essenziale per formare la persona, nella sua interezza, ma ciò non basta: guarda ad ognuno quale essere in relazione con gli altri, non quale individuo isolato chiuso in se. Il personalismo comunitario che vede in Mounier e poi in Maritain i due più alti pensatori ci aiuta a comprendere che il cammino scout non può essere una via da compiersi in solitu-
dine ma solo in comunità, ovvero in relazione profonda con gli altri. Il fondamento di questa scelta sostiene
il principio etico-religioso secondo il quale la realizzazione della persona può avvenire solo nella comunità e che quest’ultima deve favorire lo sviluppo della vocazione dei singoli per non diventare una forma di sopraf- fazione e tirannia. Sin dai primi anni dopo la guerra, anche nelle scelte compiute dal primo MASCI, traspare una certa attenzione al personalismo comunitario, perché gli Adulti Scout provenivano da esperienze di scou- tismo giovanile che con la rinascita aveva intrapreso questa strada e soprattutto perché i richiami alla “cen- tralità della persona” e alla “insostituibilità della Comunità”, avevano evidentemente trovato consonanza con il comune sentire nel cammino iniziale del nuovo Movimento.
Diceva Mounier “la comunità non è tutto, ma una persona umana che rimane isolata è nulla”.
Il personalismo comunitario rafforza l’idea di crescita personale relazionata agli altri, ed in questo contesto di fa strada la scelta che le Comunità MASCI debbano necessariamente essere in comunione anche con la re- altà e debbano scegliere il servizio quale opzione fondamentale per testimoniare lo scautismo.
Ricordo ciò che diceva M. Mazza “…lo sforzo individuale rischierebbe di rimanere sterile, se non lo si at- tuasse in uno sforzo costante di collaborazione con fratelli animati dalla stessa idea…”
Ma nell’indirizzo programmatico diciamo anche di più: l’assunto è prima di tutto essere persone-creature, e ciò presuppone un Creatore, un sentirci quindi inseriti in un progetto molto più ampio di noi. “ho sentito che sono stata creata in dono a chi mi sta vicino e chi mi sta vicino è stato creato da Dio in dono per me.” (Chiara Lubich). L’essere umano dunque è un essere per il dono e questa sua qualità viene trasferita in tutti i legami e in tutte le relazioni in cui esso è coinvolto.
La relazione quindi deve essere vista in rapporto a se stessi, in rapporto all’altro, ma anche in rapporto alla società tutta ed infine in rapporto all’ambiente che chiamiamo nobilmente creazione. La relazione così è inte- razione, ossia azione reciproca, e la reciprocità è elemento indispensabile della relazione.
Dom Helder Camara: “se uno sogna da solo, il suo rimane solo un sogno. Se il sogno è fatto insieme ad al- tri, esso è già l’inizio della realtà”
Attenti al cambiamento
Si è appena concluso il seminario nazionale caratterizzato da questo titolo dove abbiamo affrontato i cam- biamenti in atto, sul piano economico, sociale, politico, ambientale e la necessità di saper discernere, per per- seguire vie di verità.
Dal discorso di papa Francesco al Convegno di Firenze: “Si può dire che oggi non viviamo un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca. Le situazioni che viviamo oggi pongono dunque sfide nuove che per noi a volte sono persino difficili da comprendere. Questo nostro tempo richiede di vivere i problemi come sfide e non come ostacoli: il Signore è attivo e all’opera nel mondo. Voi, dunque, uscite per le strade e andate ai crocicchi: tutti quelli che troverete, chiamateli, nessuno escluso (cfr Mt 22,9). Soprattutto accom- pagnate chi è rimasto al bordo della strada, «zoppi, storpi, ciechi, sordi» (Mt 15,30). Dovunque voi siate, non costruite mai muri né frontiere, ma piazze e ospedali da campo”
Il Papa parla di cambiamento d’epoca qualcosa di più grande rispetto ai cambiamenti che giornalmente av- vertiamo. Cosa caratterizza questa riflessione del Papa?
Vorrei provare ad identificare quegli elementi che per la prima volta coinvolgono in modo nuovo e radicale la nostra generazione, più fattori di cambiamento si intrecciano tra loro: alcuni creati dall’intelligenza
dell’uomo poi lo vedono come protagonista, altri creati dal contesto complessivo invece lo vedono ancora incerto rispetto a novità che non riesce a governare.
- Per la prima volta la tecnica coinvolge l’uomo in un processo di autodeificazione
- Il progresso tecnologico viene deificato, l’uomo si sente dio a se stesso: i confini etici nell’esercizio delle conoscenze scientifiche, chi li esercita? forse ne Tutto ciò che è tecni- camente possibile è anche eticamente lecito? sembrerebbe di si. Oltre alla dimensione etica esi- ste quella sociale: la tecnologica porta disoccupazione causata dalla scoperta di nuovi modi di ri- sparmiare sull’utilizzo del fattore lavoro, a una velocità superiore rispetto a quella con la quale si riescono a trovare nuove forme di impiego, questo sul piano della dignità umana e delle relazioni sociali è dirompente.
- Un tempo il PIL nelle società storiche dipendeva dalle materie prime e dall’energia. Oggi, il 70% del prodotto interno lordo dei paesi del G7 deriva da beni immateriali, che dipendono dalle tecnologie dell’informazione, della comunicaz La finanza precede l’economia, è cambiato anche completamente il modo di produrre.
- Per la prima volta la metà della popolazione globale è connessa, alcuni miliardi di persone pos- sono nello stesso momento comunicare, scambiarsi informazioni, acquisire informazioni, scam- biarsi fotografie … il mezzo più usato per comunicare dai ragazzi in Italia, 73%, è il cellulare: cioè è più facile comunicare con un sms che parlare. Questo comporta anche un decadimento del
dialogo e delle relazioni.
- Per la prima volta il senso della giustizia e della verità non sono riferimenti per
- Viviamo in una società che non ha più alla base alcuni valori condivisi, trasversali alle classi so- ciali, che rappresentavano il denominatore comune delle relazioni tra le Oggi la matura- zione delle scelte dovuta al faticoso confronto è di fatto demandato alla rete che è il luogo del pensiero immediato e superficiale, quindi di tipo banale e questo certamente è anche un proble- ma nella formazione del giudizio: ciò che il Card Ratzinger sottolineava sul relativismo etico purtroppo rischia di divenire il metodo universalmente accettato, le scelte divengono solo sog- gettive e pertanto tutte ugualmente valide…..
- E’ evidente il tema della formazione dell’opinione pubblica: tradizionalmente si formava sulla comunicazione orale, sul discorso, sul giornale … Però quando l’opinione pubblica si crea sulla rete gli effetti sono completamente diversi: la manipolazione diventa Noi sulle varie noti- zie che troviamo sui diversi siti, quale prendiamo? Quella che ci piace di più, non quella che è più vera. Il vero non conta. Ciò che esiste, esiste in quanto è comunicato; quello che conta è la comunicazione, anche se sotto non c’è nulla. La menzogna è più affascinante della verità, e guardate che se qualcuno è in grado di formare l’opinione pubblica ha in mano le redini della creazione del consenso, …. c’è in ballo la democrazia.
- La politica denota tutti i suoi limiti nell’aver perso la capacità di guardare lontano, di ampliare gli orizzonti dall’immediato al lungo termine, di pensare “alle prossime generazioni e non alle prossime elezioni”. Questa assenza di capacità di precedere e guidare l’evoluzione della storia la rende inutile e solo autoreferenziale, la politica di oggi rischia di essere la retroguardia del passa- to e pertanto insignificante per i cittadini, poco attraente e per nulla c
- Per la prima volta la paura domina il cammino delle comunità
- Le grandi migrazioni ci sono sempre state ma oggi fanno paura, perché? In passato erano unidi- rezionali, dall’Europa verso le Americhe o verso l’Australia e bas Invece ai nostri tempi le grandi migrazioni avvengono in tutte le parti del mondo, non c’è continente che sia esente. Inol- tre, mentre prima le migrazioni si portavano verso zone poco antropizzate, le nuove migrazioni sono tutte quante verso zone fortemente antropizzate e quindi con il rischio di conflitti sociali ri- levanti. I muri sono diventati moltissimi….
- Poi il terrorismo con i suoi attacchi così differenti da quelli che abbiamo conosciuto. Un terrori- smo globale, che colpisce tutti, La ricerca di sicurezza prevale sull’idea della libertà, dell’accoglienza, della democrazia, del pluralismo. Perciò oggi abbiamo un grande bisogno che si torni a parlare con i cittadini, tra i cittadini.
- Siamo la prima generazione che dobbiamo occuparci contemporaneamente dei nostri padri e dei nostri L’allungamento della vita ha modificato strutturalmente i rapporti intergenerazio- nali, oggi nessuno riesce più a pensare che i propri figlie i propri nipoti potranno stare meglio di noi e dei nostri padri, anche questo genera paura ed insicurezza.
Essere attenti al cambiamento per noi adulti scout significa stare nel mondo, in questo nostro tempo con le situazioni che abbiamo visto prima, ma con la capacità di saper discernere. Il cammino verso un discerni- mento, che per noi deriva dalla nostra scelta di vita cristiana, è la grande sfida per l’adulto dei nostri giorni.
Per saper discernere tra l’estrema ricchezza delle possibilità che ci sono offerte, proprio dove sono presenti molteplici opzioni, dobbiamo crescere nella sensibilità verso ciò che è bello, buono e vero. Ed è proprio del discernimento questa capacità di intuire ciò che viene da Dio e ciò che invece proviene dal Maligno, chiarire le sottili differenze tra il bene e il male, approfondire la radice e la provenienza di ciò che ci si presenta da- vanti e infine scegliere con coraggio ciò che si è riconosciuto giusto e santo.
Vogliamo far diventare il discernimento un “abito”, cioè una modalità ordinaria di vivere, uno stile di essere presenti nella Chiesa. Significa prima di tutto essere attenti quindi stare e mantenersi in ascolto, valutare tutto ciò che avviene nella vita del mondo, sostare nelle feritoie della storia con vigilanza evangelica e attenzione profetica. Significa mantenere aperte le porte al Dio della tenerezza che agisce con insospettabile creatività nella storia, desideroso di prendere voce attraverso la parola dei piccoli e dei poveri.
Don Tonino Bello: “la fede ci fa credenti, la speranza credibili, la carità creduti”
Testimoni di speranza
Papa Paolo VI: “gli uomini del nostro tempo sono più attenti ai testimoni che ai maestri, e accettano i mae- stri se sono anche testimoni” (Evangelii Nutiandi, 41)
Papa Benedetto XVI: “la testimonianza negativa dei cristiani che parlavano di Dio e vivevano contro di Lui, ha oscurato l’immagine di Dio e ha aperto le porte dell’incredulità” (Rigenerati, 29)
“il cristiano sa quando è tempo di parlare di Dio e quando è il tempo di tacere di Lui e di lasciar parlare solamente l’Amore” (Deus Caritas Est, 31).
Nel pensiero diffuso anche tra noi, la parola speranza richiama istintivamente una realtà futura che arriverà quando termina il presente,alla fine della vita…nell’al di là. Sembra che il presente non venga coinvolto, questa è una visione limitata.
Tutto il cammino della salvezza è risposta ad una promessa. “Abramo credette sado nella speeranza contro ogni speranza e divenne padre di molti” (RM,4)
La Speranza cristiana, centrata sulla persona del Cristo risorto e vivo, incide anche nel presente e determina le scelte di ognuno, non è la stessa cosa vivere pensando che tutto è legato alla materia o sapendo che l’eternità ci coinvolge. “il presente, anche un presente faticoso, può essere vissuto e accettato, se conduce verso una meta e se questa è così grande, da giustificare la fatica del cammino” (Spes Salvi, 1)
Noi abbiamo la responsabilità di sostenere e favorire anche le speranze umane: quelle relative alla salute, allo studio, al lavoro, alla casa, alla famiglia…. “noi abbiamo bisogno delle speranze piccole o grandi – che giorno per giorno ci mantengono in cammino. Ma senza la grande speranza, esse non bastano.”
Anche la speranza ha una dimensione sociale e comunitaria, nessuno è una monade isolata, “la mia vita en- tra in quella degli altri nel male e nel bene” (Spe Salvi, 14). La nostra speranza non è una fuga dalla realtà ma è anche con gli altri e per gli altri. Quando ci domandiamo cosa abbiamo fatto per la salvezza degli altri allora avremo fatto il massimo anche per la salvezza personale.
Sant’Agostino diceva: “la speranza ha due bellissimi figli, lo sdegno ed il coraggio. Sdegno per le cose come sono e coraggio per cambiarle”
Di fronte ad una società strutturalmente ingiusta ci sentiamo in dovere di intervenire per cambiare sia le strutture (i meccanismi politici, economici, sociali) che la cultura ovvero le persone. Il rovesciamento delle strutture non serve se non cambiano le persone, viceversa invece il cambiamento delle persone porta gra- dualmente e solidamente al cambiamento delle strutture. “l’uomo non può essere semplicemente redento dall’esterno” (spe salvi, 25). Questa inversione di paradigma sulle priorità ci fa comprendere come il servi- zio ed il servizio alle persone sia l’esplicita concretizzazione della speranza.
Dobbiamo impegnarci a combattere due facili derive: l’omissione, non faccio per paura e lascio ciò che po- trei fare ad altri; il lamento, mi piace denunciare e dire sempre di no senza portare soluzioni positive.
Quindi ognuno, personalmente, può cercare di rispondere per rendere concreto il messaggio dell’Apostolo: “Siate sempre pronti a render conto della speranza che è in voi” (1Pt,3)
Come movimento invece ci troviamo spesso davanti a dover scegliere un modo di essere che diviene anche identitario: vogliamo essere luce o sale? Uno risponde: tutti e due. Ma storicamente, nel movimentismo cat- tolico, il privilegiare uno o l’altro ha comportato un atteggiamento diverso rispetto alla realtà.
Da un lato si può privilegiare la cultura della presenza, valorizzare il distintivo cristiano, ovvero ciò che ci distingue dagli altri (tipico di CL), dall’altro si può privilegiare la cultura della testimonianza, valorizzare la scelta religiosa che viene portata agli altri (tipica della AC).
Bene forse il modello di vita scout è più affine all’essere testimoni, cercare di essere lievito che modifica e migliora la realtà, forse noi siamo chiamati a questo a lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato, immergendoci in esso e mischiandoci alle situazioni con la coscienza che “siamo solo dei servitori, abbiamo fatto il nostro dovere.”
Per concludere questa mia riflessione vi racconto una storia tratta dal libro di Guy de Larigaudie tradotto da don Tarcisio Beltrame Quattrocchi, “Stella in alto Mare”.
Durante il Medioevo, un pellegrino aveva fatto voto di raggiungere un lontano santuario, come si usava a quei tempi. Dopo alcuni giorni di cammino, si trovò a passare per una stradina che si inerpicava per il fianco desolato di una collina brulla e bruciata dal sole. Sul sentiero spalancavano la bocca grigia tante cave di pietra. Qua e là degli uomini, seduti per terra, scalpellavano grossi frammenti di roccia per ricavare degli squadrati blocchi di pietra da costruzione. Il pellegrino si avvicinò al primo degli uomini. Lo guardò con compassione. Polvere e sudore lo rendevano irriconoscibile, negli occhi feriti dalla polvere di pietra si leggeva una fatica terribile. Il suo braccio sembrava una cosa unica con il pesante martello che continuava a sollevare ed abbattere ritmicamente. “Che cosa fai?”, chiese il pellegrino. “Non lo vedi? rispose l’uomo, sgarbato, senza neanche sollevare il capo. “Mi sto ammazzando di fatica”. Il pelle- grino non disse nulla e riprese il cammino. S’imbatté presto in un secondo spaccapietre. Era altrettanto stanco, ferito, impolverato. “Che cosa fai?”, chiese anche lui, il pellegrino. “Non lo vedi?” Lavoro da mattino a sera per mantenere mia moglie e i miei bambini”, rispose l’uomo. In silenzio, il pellegrino riprese a camminare. Giunse quasi in cima alla collina. Là c’era un terzo spaccapietre. Era mortalmente affaticato, come gli altri. Aveva anche lui una crosta di polvere e sudore sul volto, ma gli occhi feriti dalle schegge di pietra avevano una strana serenità. “Cosa fai?”, chiese il pellegrino. “Non lo vedi?”, rispose l’uomo, sorridendo con fierezza. “Sto co- struendo una cattedrale”.E con il braccio indicò la valle dove si stava innalzando una grande costruzione.
L’augurio è che ognuno di noi, ogni nostra comunità possa vedere nel proprio operato la cattedrale che sta costruendo!
Convegno Regionale “Attenti e sensibili al cambiamento “ intervento di Massimiliano Costa, incaricato nazionale alla formazione.
Pubblicato da Marco Cotroneo su domenica 26 novembre 2017