“Il lavoro che vogliamo libero, creativo, partecipativo e solidale” è il tema della 48a Settimana sociale dei cattolici italiani, che si è svolta a Cagliari, dal 26 al 29 ottobre 2017. Il tema si ispira al n. 192 dell’Evangelii gaudium: «Nel lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale, l’essere umano esprime e accresce la dignità della propria vita». La 48a Settimana segue la 47a su “La famiglia, speranza e futuro per la società italiana”, svolta a Torino, dal 12 al 15 settembre 2013, e la 46a su “Cattolici nell’Italia di oggi. Un’agenda di speranza per il futuro del Paese”, tenuta a Reggio Calabria, dal 14 al 17 ottobre 2010.
Le Settimane sociali dei cattolici italiani nacquero nel 1907 per iniziativa di Giuseppe Toniolo. La prima si tenne a Pistoia nel 1907 sul tema “Movimento cattolico e azione sociale. Contratti di lavoro, cooperazione e organizzazione sindacale. Scuola”. Le Settimane sociali sono un’esperienza di Chiesa che sa stare nella storia con amore, accompagnando con la luce del Vangelo e della dottrina sociale la vita del nostro Paese. Nel cammino ultracentenario delle Settimane sociali, ricordo la 19a, che si svolse a Firenze, 22-28 ottobre 1945 sul tema “Costituzione e costituente”, alla vigilia di un dibattito costituente che doveva ridefinire i lineamenti dello Stato italiano e che vide tra i relatori Giorgio La Pira su “Il nostro esame di coscienza di fronte alla Costituente” e S.E. Mons. Antonio Lanza, già arcivescovo di Reggio Calabria, su “Estensione e limiti del potere costituente”.
Alla Settimana sociale di Cagliari hanno partecipato 203 su 226 diocesi (10 su 12 calabresi); un migliaio di persone, di cui: 670 laici, 80 vescovi, 200 sacerdoti, 20 diaconi, 30 consacrate. Sui 1000 partecipanti, 300 persone hanno un’età inferiore ai 40 anni e 240 sono donne. La partecipazione giovanile e femminile è in costante aumento a partire dalla Settimana svolta a Reggio Calabria nel 2010.
Per prepararsi alla Settimana a ogni diocesi è stato chiesto di riflettere sul lavoro, sulle opportunità di occupazione giovanile. Un secondo impegno è stato quello del progetto “Cercatori di lavoro” che invitava, con l’aiuto degli animatori di comunità del Progetto Policoro, a segnalare le buone pratiche di lavoro, le imprese virtuose. In totale sono state segnalate migliaia di realizzazioni concrete, alcune sono confluite nel docufilm “Il lavoro che vogliamo” prodotto da Tv2000 e trasmesso in anteprima durante i lavori della Settimana.
La 48a Settimana sociale è stata una straordinaria esperienza di Chiesa in ascolto del territorio e della vita, unita e determinata nel proporre idee e progetti per il bene e il futuro del nostro Paese. In essa, in ogni riflessione, sono stati presenti le sofferenze del lavoro, i volti dei morti per il lavoro, dei disoccupati, degli inattivi e di quelli usciti dal mercato del lavoro, ma anche uno sguardo alto sul lavoro, declinato come benedizione di Dio e partecipazione alla sua opera creatrice soprattutto nelle magistrali riflessioni bibliche proposte da Rosanna Virgili e Luigino Bruni.
La Settimana si è aperta con l’invito di S.E. Mons. Filippo Santoro, presidente del Comitato e arcivescovo di Taranto, che gli interventi dei presenti «partano dal cuore e diventino proposte come se si trattasse di un nostro fratello o figlio, o figlia non da raccomandare, ma da incamminare al lavoro» e così rendere possibile «una rigenerazione umana, urbana ed ambientale attraverso un lavoro libero, creativo, partecipativo e solidale… L’elemento centrale del nostro convenire è l’urgente necessità di un lavoro degno». Il lavoro è degno quando rispetta la vita delle persone, delle famiglie, delle comunità, dell’intero creato.
Nel suo video messaggio, Papa Francesco ha ricordato che: «Dalla Parola di Dio emerge un mondo in cui si lavora. Il Verbo stesso di Dio, Gesù, … ha condiviso la nostra vicenda umana, inclusi i sacrifici che il lavoro richiede» e che «i talenti ricevuti, possiamo leggerli come doni e competenze da spendere nel mondo del lavoro per costruire comunità, comunità solidali e per aiutare chi non ce la fa». Ha poi sottolineato come accanto alla disoccupazione, al lavoro non degno, in nero, precario, malsano. «non mancano tuttavia segni di speranza. Le tante buone pratiche che avete raccolto sono come la foresta che cresce senza fare rumore, e ci insegnano due virtù: servire le persone che hanno bisogno; e formare comunità in cui la comunione prevale sulla competizione. È bello vedere che l’innovazione sociale nasce anche dall’incontro e dalle relazioni e che non tutti i beni sono merci: ad esempio la fiducia, la stima, l’amicizia, l’amore».
Il Card. Gualtiero Bassetti nel suo intervento di apertura ha ribadito «che la Chiesa non è un’agenzia sociale che si occupa di lavoro come un qualsiasi ufficio di collocamento pubblico o privato, ma ha profondamente a cuore il lavoro perché lo vede come un luogo in cui si manifesta la collaborazione tra Dio e l’uomo… Il lavoro è a servizio della persona umana e non il contrario. Significa pronunciare dei No e dei Sì. Il No si riferisce al rifiuto deciso dell’idolatria del lavoro che produce solamente carrierismo, affermazione individualista di sé stessi e desiderio avido di avere sempre maggiori ricchezze. Il Sì, invece, va indirizzato al rapporto fondamentale con il tempo di riposo. Il lavoro è solo una parte della giornata di un uomo. Il resto deve essere dedicato. al tempo libero, alla famiglia, ai figli, al volontariato, alla preghiera».
Il sociologo Mauro Magatti, nato nel 1960, ha inquadrato l’attuale situazione italiana a partire dalle ultime tre generazioni. «La generazione del dopoguerra, quella di mio padre, ha lavorato con speranza e passione, creando una grande ricchezza diffusa per sé e i propri figli. Poi è arrivata la generazione del baby boom, quella di cui io faccio parte: nata insieme all’individualismo e al consumerismo, è cresciuta col benessere, venendo poi investita dal vento forte della globalizzazione neoliberista. A conti fatti, questa generazione lascia in eredità molti debiti e pochi figli. E così si arriva alla terza generazione, quella dei miei figli – i Millennials – che oggi hanno l’età per affacciarsi alla vita adulta, ma che sono spesso costretti alla scelta tra emigrare o stare in panchina».
«Esaurita la spinta creativa del dopoguerra, invece di aprire una nuova stagione di sviluppo, l’Italia si è ripiegata su se stessa, adottando un modello antigenerativo – tutto schiacciato sull’io, il breve termine, il binomio consumo-rendita (sostenuto dal debito) – vera causa delle difficoltà di oggi. Un’idea sbagliata – che ha prodotto una cultura – da cui derivano molti dei mali che ben conosciamo: disuguaglianze e povertà; blocco della natalità e del ricambio generazionale; . corruzione endemica; perdita di peso del lavoro sulla ricchezza prodotta. potremmo dire che l’Italia è invecchiata. Ed è invecchiata male».
«Il rapporto tra vita e lavoro è destinato a essere rimodulato. Il lavoro del futuro, infatti, sarà meno vincolato a luoghi e tempi specifici. Sinteticamente, il compito che ci aspetta è di navigare tra la Scilla della società senza lavoro e la Cariddi di una società del tutto lavoro – quella in cui ogni nostra attività di produzione, consumo, cura – potrà venire assoggettata a controllo e misurazione».
Affinché il lavoro torni ad essere una benedizione, occorre «scorgere i germogli di una nuova primavera… Ma quali sono questi germogli?». Sono quelli emersi dalle buone pratiche diffuse nel nostro Paese: Mettere insieme il valore economico con le persone e le comunità, puntare su formazione e integrazione sociale, armonizzare soddisfazione personale e successo d’impresa, mettersi insieme per fare squadra e creare sinergia, vivere relazioni basate sulla fiducia, produrre qualità, attenzione al territorio e all’ambiente, essere artefici del cambiamento di sé e della società, rispondere ai bisogni e risolvere i problemi mettendo in campo la propria intelligenza e il proprio cuore.
- lavori della Settimana sono stati caratterizzati da 90 tavoli di approfondimento raggruppati su tre temi.
- primo su “Giovani, scuola, formazione, lavoro” ha ribadito la necessità di investire su istruzione, alternanza scuola-lavoro di qualità, formazione professionale, istruzione tecnica e apprendistato. Un potente strumento per contenere la disoccupazione giovanile è l’apprendistato, che però è poco sviluppato in Italia (3% contro il 23% della Germania).
Il secondo su “Creare nuove opportunità di lavoro e di impresa” ha evidenziato la consapevolezza, il desiderio di mettersi in gioco, la voglia di continuare a tessere una rete che è già presente nei nostri mondi vitali, come l’esperienza del Progetto Policoro, che ci dice come il fare impresa è una cosa bellissima, lo abbiamo visto negli occhi dei giovani imprenditori e cooperatori che abbiamo incontrato.
Il terzo su “Il senso del lavoro umano e le sfide dell’innovazione” ha sottolineato 4 coppie di parole. Anzi tutto “spazio aperto e ricerca”, stare con ingegno nel campo aperto della conoscenza e della ricerca senza paura per le nuove tecnologie. Poi, “locale e universale”, armonia tra territorio e prospettiva globale. “Comunità e partecipazione”, la comunità cresce nel rispetto della legalità e della responsabilità. Infine, “senso e cura”, il lavoro richiama la dimensione della vocazione e la passione per la cura delle persone.
Al presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni, sono state presentate quattro proposte per l’Italia:
- Rimettere il lavoro al centro dei processi formativi;
- Canalizzare i risparmi dei Piani individuali di risparmio anche verso piccole imprese con oggettive caratteristiche di coerenza ambientale e sociale;
- Accentuare nel Codice dei contratti pubblici i criteri di sostenibilità ambientale;
- Rimodulare l’Iva per le imprese che rispettano criteri ambientali e sociali minimi.
Il premier ha ascoltato e ha raccolto alcuni temi delle domande, come la centralità della questione degli appalti, che grazie al nuovo Codice devono passare dal criterio del maggior ribasso a quello della maggiore dignità. Rendere strutturale l’alternanza scuola lavoro è stato l’altro impegno assunto dal Governo in sintonia con il mondo cattolico in materia di formazione e di contrasto all’occupazione giovanile.
Tre le proposte per l’Europa rivolte al presidente del Parlamento europeo, Antonio Tajani.
- Armonizzazione fiscale ed eliminazione dei paradisi fiscali interni;
- Promuovere investimenti infrastrutturali e investimenti produttivi anche dei privati;
- Integrazione nello Statuto della BCE del parametro dell’occupazione accanto a quello dell’inflazione come riferimenti per le scelte di politica economica.
«La sfida della disoccupazione giovanile è una delle priorità che ci dobbiamo dare insieme alla lotta contro il terrorismo e quella contro l’immigrazione clandestina», ha detto Tajani accogliendo le proposte: il metodo adottato a Cagliari, ha affermato, «rafforza le scelte che l’Unione europea sta facendo» per venire incontro ai bisogni di circa 120 milioni di persone che nel nostro continente vivono in condizioni di povertà o rischiano di finire nella sua morsa.
Al termine dei lavori della Settimana, S.E. Mons. Santoro ha indicato alcune prospettive:
- Continuare la ricerca delle buone pratiche del lavoro;
- Favorire la sensibilità delle comunità parrocchiali ai temi sociali e la presenza dei fedeli laici in politica;
- Mantenere l’attenzione verso i poveri, non solo per soccorrerli nel bisogno, ma per prevenire i drammi strutturalmente.
Nel saluto finale, il Card. Bassetti ci ha consegnato tre parole, che esprimono lo stato d’animo al termine della Settimana Sociale:
- “Grazie”, per la sinergia d’intenti e l’ampia rappresentatività delle diocesi a Cagliari;
- “Amen”, ultima parola della Bibbia, che dice la nostra fede in Cristo, Signore del tempo e della storia. È necessario recuperare la centralità della domenica quale elemento di un lavoro dignitoso;
- “Alleluja”, che racchiude la gioia del vivere, frutto della speranza, che anima il cammino dei credenti.
Concludo con quanto ci ha proposto Luigino Bruni: «Ci sono milioni di persone, ricche e povere, imprenditori e casalinghe, che riescono a dare sostanza e felicità alla propria vita semplicemente lavorando. Che vincono ogni giorno la morte e la vanitas riordinando una stanza, preparando un pranzo, riparando un’auto, facendo una lezione. Ci sono certamente felicità più alte di queste nella nostra vita, ma non siamo capaci di raggiungerle se non impariamo a trovare la semplice felicità nella fatica ordinaria di ogni giorno. Ci salviamo solo lavorando».